 |

ARABI
Popolo semitico, probabilmente originario dell'attuale
regione yemenita da dove si sarebbe poi diffuso, attraverso varie ondate
migratorie, in tutto il resto della penisola arabica sino a lambire le
zone fertili del vicino Oriente.
IL POPOLO DELL'ISLAM. Citati per la prima volta come popolo in
un'iscrizione sumera dell'853 a.C., furono conosciuti dai fenici, dagli
ebrei, dagli egizi ed ebbero con loro e con tutti i popoli antichi della
Mesopotamia e poi con i regni ellenistici succeduti ad Alessandro Magno
svariati contatti economici e culturali. Con i romani, che nel 23 a.C.
tentarono una fallita spedizione all'interno del territorio arabico, l'insieme
arabo ebbe un fruttuoso interscambio incentrato sulla città di
Petra. Coinvolti a vario titolo nella lunga rivalità bizantino-sassanide
(Ghassanidi e Lakhmidi), gli arabi divennero all'improvviso una vera e
propria potenza mondiale nella seconda metà del VII secolo a seguito
della predicazione di Maometto. Questi, specialmente
dopo il suo passaggio dalla Mecca a Medina (622), promosse un rapido processo
di unificazione dell'etnia araba che per secoli era rimasta invece divisa
in due diversi raggruppamenti: le tribù del nord (a cui apparteneva
egli stesso), prevalentemente nomadi e dedite all'allevamento e al commercio
carovaniero, e quelle del sud, agricole e sedentarie. Più in particolare
l'Islam, religione eminentemente giuridico-politica,
seppe colmare la frantumazione tipica dell'antica organizzazione sociale
araba fondata su un legame tribale articolantesi in clan a loro volta
formati da un insieme di famiglie. In questo ambiente, segnato dall'individualismo
esasperato dei singoli raggruppamenti clanici e contraddistinto da una
sorta di guerra di tutti contro tutti, in cui dominava l'impulso atavico
dei beduini alla razzia contro i sedentari delle oasi e contro gli accampamenti
tenuti da tribù rivali, il verbo di Maometto si concretizzò
in una rigida teocrazia finalizzata al benessere comune. Gli arabi (questo
il messaggio politico del nuovo credo) dovevano mettere da parte i loro
interessi particolari per piegarsi, come musulmani, alla volontà
dell'unico Dio (Allah) che, attraverso il suo inviato, li aveva prescelti
tra tutti i popoli per la sua ultima e definitiva rivelazione. Il profeta
arabo seppe così trasformare la foga guerriera, da sempre caratteristica
del suo popolo, in un progetto di espansione armata della nuova religione
verso il mondo esterno. Sotto questa copertura ideologico-religiosa gli
arabi furono in grado di procedere a un numero impressionante di conquiste.
I primi quattro califfi, raccolta l'eredità
del Profeta, promossero una forte politica espansiva che portò
nel giro di pochi decenni alla costituzione di un vero e proprio impero
inglobante Siria, Palestina, Mesopotamia, Persia, Egitto.
SPLENDORE E CROLLO DELLA POTENZA ARABA. Tale opera fu poi consolidata
dagli Omayyadi sotto cui gli arabi si spinsero
sino all'Indo, mentre a occidente dilagavano nel Maghreb e di qui passavano
poi in Spagna e in Sicilia. Definito entro tali confini, l'impero arabo
fu culla di una nuova, complessa civiltà, nata dall'incontro della
cultura dell'Islam delle origini con le più raffinate civiltà
d'occidente e d'oriente. La stabilità politica del califfato non
durò tuttavia a lungo. Scontri religiosi tra sunniti,
sciiti e kharigiti
e volontà di riscatto da parte delle popolazioni vinte che, una
volta islamizzatesi, non accettavano più di piegarsi ai voleri
dell'etnia araba, finirono per produrre, già nell'VIII secolo,
una miscela esplosiva e incontrollabile. L'avvento degli Abbasidi
nel 750 segnò così un primo ridimensionamento dello strapotere
arabo a favore dell'elemento persiano, mentre la successiva frantumazione
dell'impero in regioni rette da dinastie contrapposte (gli Omayyadi in
Spagna, i Fatimidi in Egitto ecc.) ne indebolì la resistenza nei
confronti delle minacce esterne: i turchi e i mongoli dilaganti da oriente
e la rinascente potenza cristiana che in Spagna intraprendeva un'opera
di riconquista destinata a sfociare nel moto delle crociate. A difendere
la comunità islamica da tali pericoli non furono però gli
arabi, ma i turchi Selgiuchidi, che in pratica,
ridotto a pura apparenza il potere dei califfi abbasidi, ne assunsero
la guida reale, o, in altri contesti, i kurdi (Ayyubiti), i mamelucchi
o i berberi (Almoravidi e Almohadi).
Il crollo del califfato sotto i colpi dell'invasione mongola (1252) segnò
la definitiva scomparsa di ogni retaggio dell'antica potenza araba. Nei
secoli successivi, all'elemento arabo non rimase che piegarsi sotto il
regime feudalmilitare degli ottomani che continuava quello selgiuchide
nel vicino Oriente e quello mamelucco in Egitto. Equiparati ai dominatori
nell'uguaglianza dell'Islam, gli arabi ebbero teoricamente accesso anche
alle alte cariche dello stato, ma ben pochi vi assursero realmente. A
eccezione del Marocco, il mondo arabo fu così tutto inglobato entro
la struttura dell'impero ottomano e di esso condivise l'inarrestabile
decadenza. Al dominio turco successe per gli arabi dell'Africa settentrionale
quello del colonialismo europeo. Nel 1830 la Francia iniziò la
conquista dell'Algeria e nel 1881 impose il suo protettorato alla Tunisia.
Nel 1882 l'Egitto fu occupato dalla Gran Bretagna e nel 1911 si ebbe la
conquista italiana della Libia. Nel 1912 anche il Marocco perdette la
sua indipendenza, diviso tra Francia e Spagna. Frattanto, nel vicino Oriente,
ove il dominio ottomano si conservava, sul finire del XIX secolo emerse
un nazionalismo arabo, finalizzato alla creazione di un unico grande stato.
Tale movimento, particolarmente attivo in Siria, cooperò con lo
sforzo antiturco inglese nel corso della prima guerra mondiale (Rivolta
araba), ma non ottenne adeguata ricompensa. Smentendo precedenti promesse,
alla fine del conflitto Gran Bretagna e Francia ignorarono le aspirazioni
arabe e procedettero a una spartizione della regione in zone di influenza.
Nel 1920 Londra ottenne il mandato su Palestina, Transgiordania e Iraq
e Parigi quello su Libano e Siria. Le aspirazioni arabe all'indipendenza
non vennero tuttavia meno e, pur tra varie repressioni, riuscirono globalmente
a imporsi dopo la seconda guerra mondiale. La lista dei paesi arabi indipendenti
(limitata nel 1939 a Egitto, Yemen, Iraq e Arabia saudita) si arricchì
sistematicamente a partire dal 1945 (indipendenza di Siria e Libano),
per giungere nel 1971 a completarsi con l'accesso alla piena sovranità
degli Emirati arabi uniti (pur rimanendo ancora da definire la spinosa
questione palestinese). Tutto questo insieme di paesi dal 1945 si riunì
istituzionalmente raccolto entro le strutture della Lega araba.
M. Lenci

Ph. K. Hitti, Storia degli arabi, Sansoni, Firenze 1966; F. Gabrieli,
Gli arabi, Sansoni, Firenze 1975; P.G. Donini, I paesi arabi,
Editori riuniti, Roma 1983. |
 |